LIUTPRANDO RE DEI LONGOBARDI

Dopo la caduta dell’Impero romano, i “barbari” Longobardi invadono l’Italia del nord. A una prima fase di violenze, segue via via l’integrazione tra Longobardi e Romanici. Un forte impulso lo darà la loro cristianizzazione; protagoniste le donne di alto rango longobarde. Jorg Jarnut “Storia dei Longobardi”, pone in rilievo la figura di “statista” del re Liutprando (712-44).  E’ trascorso più di un secolo dalla conquista di Milano (569); un tempo caratterizzato da aspri conflitti tra duchi e re longobardi.

Dunque l’obiettivo primario di Liutprando diviene la coesione del regno. In politica interna, scrive Jarnut: “L’evoluzione del regno Longobardo raggiunse un grado in precedenza sconosciuto di organizzazione statale e di consolidamento delle sue istituzioni… Dopo decenni di gravissimi conflitti e di dolorose lacerazioni, quel re potente esprimeva la raggiunta integrazione”. In politica estera: “La sua politica acquistò una dimensione europea… Una politica di pace perseguita verso i Franchi e gli Avari, da secoli i più pericolosi vicini dei Longobardi”. Infine Liutprando pone l’obiettivo di “un’Italia unificata sotto la guida del re”.

I Bizantini contrastano l’avanzata del re verso il sud della Penisola; ma accade l’imprevisto: l’esercito arabo minaccia Bisanzio, così i Bizantini sono infine costretti a mollare la presa sull’Italia. Un ultimo ostacolo: la Chiesa Romana, che giusta il motto “divide et impera”, fomenta e sostiene la ribellione dei duchi longobardi di Spoleto e Benevento: territori nel centro-sud dell’Italia. Liutprando giunge con il suo esercito alle porte di Roma; vuole eliminare ogni ostacolo al perseguimento dell’obiettivo di unificazione dell’Italia. Il Papa gli va incontro e lo invita a pregare sulla tomba di S. Pietro. Il re da sincero cattolico vi si reca a pregare. Al riguardo Jarnut scrive: “La componente sociale nell’attività legislativa di Liutprando era certamente espressione della profonda fede del re”.  Tuttavia il re non rinuncia a esercitare il proprio legittimo potere politico; così impone i suoi uomini di fiducia, al posto dei duchi che brigavano contro di lui.

Nonostante la religione cattolica sia diventata di fatto religione di Stato, la Chiesa Romana non demorde dalla pretesa di possedere un suo “Stato” nell’Italia centrale. In seguito farà carte false per attestare che è un suo diritto sancito dall’Imperatore Costantino. E Dante che ignora che la cancelleria della Chiesa ha costruito la falsa donazione di territorio dell’Imperatore, scriverà che Costantino commise un grave errore politico.

Liutprando muore e di nuovo si scatena il conflitto tra i duchi e i re longobardi. L’intervento dall’estero dei Franchi chiamati dalla Chiesa, chiude definitivamente ogni questione. E dell’unità d’Italia se ne riparlerà nel nostro Risorgimento. Scrive Jarnut: “La Chiesa alla fine risulterà vincente senza avere un esercito”. Al tempo stesso, si diffonde il motto dei duchi, che in seguito suonerà così: “Francia o Spagna purché se magna”. Riguardo la grande figura politica di Liutprando, Jarnut conclude: “Liutprando seppure non era riuscito a diventare re di tutta l’Italia, si era avvicinato a questo secolare obiettivo come nessuno dei suoi predecessori”.  Peccato non ci sia riuscito.

Ai nostri tempi, il celebre discorso sull’Unità d’Italia del “lombardo” Papa Paolo VI, com’è stato scritto: “Diede gli ultimi colpi di piccone a quello che rimaneva del potere temporale della Chiesa”; e portò a conclusione il Concilio Vaticano II, che aprirà la Chiesa al mondo.

Ma riguardo la politica italiana, purtroppo non si intravede all’orizzonte la formazione di un polo politico socialdemocratico di stampo “lombardo-nord-europeo”, che persegua un programma di governo con al centro lo sviluppo economico, il benessere collettivo, i diritti e la giustizia sociale.

Mario Mezzanotte